Come tutto cominciò...
Mi ricordo esattamente quando mi innamorai della comunicazione visiva.
Ero alle scuole medie e una mia compagna portò in classe un numero di Aelle Magazine.
E vidi treni con interminabili graffiti sopra. Colori, forme intricate e indecifrabili, lettere stupende…
Mi folgorò.
Pensai, la propria creazione poteva viaggiare in giro per l’Italia. La poteva vedere chiunque.
Ricordo che eravamo agli albori di internet e di globalità se ne parlava poco.
Un messaggio in una bottiglia per cercare chi la potesse pensare come te. Poi, aspetto da non sottovalutare, per un ragazzetto di 13 anni: era trasgressivo.
Sono cresciuto imitandoli con le pochissime informazioni che un ragazzino di provincia poteva avere.
Disegnavo ovunque; le bidelle delle scuole superiori mi adoravano poco.
Disegnavo per i miei compagni di classe, disegnavo sui muri, sulle porte, stipiti, ovunque…
Poi il prurito cresce, monta e non resisti, vai nella ferramenta più vicina, compri delle bombolette spray, scappi di casa alla notte e ti ritrovi a fare un murales su un muro e ti senti dio! Il livello di adrenalina fu impagabile. Quella notte, deliri di onnipotenza riportavano a casa quel ragazzetto fiero.
Ora; il murales di quella notte non fu proprio un successo sia dal punto di vista dell’estetica che dal punto di vista dell’umore in casa. L’apocalisse di Giovanni potrebbe descriverne bene gli effetti nei mesi successivi.
Insomma, da lì a fare graffiti ovunque e in qualunque contesto fu solo questione di anni.
Chiunque mi chiedeva di fare un graffito per loro.
Ora, non è importante se si tratti di comunicazione o giardinaggio, pittura, danza, qualunque cosa…
Il punto è: l’amore per quella cosa ti porta a fare cose grandiose, nel bene o nel male. Profonde in qualunque tipo di emozioni si abbia provato per essa. E ti lascia ricordi indelebili. Un album di piccoli spezzoni di vita per i quali è valsa la pena vivere.